mercoledì 22 febbraio 2017

Non può esserci femminismo laddove c'è esclusione.



Emozionante articolo sulle drammatiche realtà delle lavoratrici di cura che, nonostante le (fallimentari) leggi vigenti, rileva la delegittimazione sociale.e l'assenza di interesse di un certo femminismo.
" Se il femminismo non è anti-capitalista impoverisce e se impoverisce è un femminismo per ricche". Beatriz Gimeno.

La legge della Dipendenza: l’esempio più crudele del femminismo per ricche.

Raúl Solís Galván
La cordovana Manoli Gutiérrez, 58 anni, si alza ogni mattina per adempiere una giornata lavorativa di cinque ore, per un salario di 540 euro il mese, che non la tira fuori dalle statistiche della povertà. Dalle 9 alle 10 del mattino va in una casa ad accudire a un anziano. Lo alza dal letto, lo pulisce, lo prepara, gli dà la colazione e gli somministra la dose quotidiana di medicine. Una volta che l’anziano è servito, Manoli, lascia preparata ogni cosa per dopo, quando ritorna a mezzogiorno, in modo da non perdere molto tempo per preparargli il pranzo.
Tutto ciò in un'ora, anche se Manoli sta tra i 15 e i 20 minuti in più in quella casa, perché altrimenti il nonno rimarrebbe incustodito.
E lei, soprattutto, sente molto affetto per i suoi assistiti. Alle 10,20 Manoli lascia correndo la prima casa, per andare in un’altra, che è più distante e che deve raggiungere in dieci minuti: non arriva in tempo neppure volando.
Pregando perché i semafori siano sempre verdi, arriva con la lingua di fuori, sudando e pensando che sarà rimproverata per il ritardo. Una volta entrata, Manoli ricomincia a pieno ritmo l'attività: pulire la casa, dal bagno al salotto, prepara il cibo e pulisce l’anziana, una signora in una sedia a rotelle considerata estremamente dipendente.
Sono già le 12,50 e Manoli guarda l’orologio. In pochi minuti deve ritornare a casa dal primo assistito al quale ha già lasciato tutto pronto. Adesso deve solo finire di cucinare e aiutarlo a mangiare, data la sua limitata autonomia.
Sono le 14,00 di un giorno qualsiasi di Manoli.
Ha già terminato le ore della mattina ma nel pomeriggio deve tornare alle 18,00 per un’altra ora e tornare a fare la stessa attività del mattino. Un intero giorno di 5 ore, per guadagnare 540 euro il mese, 4,90 euro l’ora e per essere utente dei Servizi Sociali con un posto di lavoro.
Manoli è divorziata, frutto di una relazione di terrore di violenza machista che l’ha schiacciata per trenta anni. Soffre di fibromialgia una malattia invalidante molto legata agli stati depressivi e che le fa dolere tutto il corpo. Non può però mancare a lavoro, perché sa che sarebbe immediatamente licenziata dalla impresa e cadrebbe così nelle grinfie della esclusione più assoluta.
Con i 540 euro che guadagna, non può pagare un affitto di casa. Alla sua età è dovuta tornare a vivere con la madre dopo essere fuggita dagli artigli della violenza di genere. Paradossalmente è stata sanzionata da un mese senza lavoro né stipendio per aver denunciato ai Servizi Sociali di Cordova, che un assistito si masturbava davanti a lei, secondo un rappresentante sindacale di Cadice.
E 'stata rimproverata perché il contratto che regola l'assistenza domiciliare tra il Comune di Cordova e CLECE, l'azienda di Florentino Pérez, contiene una clausola che fa divieto alle lavoratrici di aver alcun tipo di contatto con l'istituzione comunale, che riceve dalla Giunta Andalusa 13 euro per ogni ora di assistenza domiciliare, dei quali meno di 5 vanno a Manoli, mentre 8 euro a Florentino Pérez. Un business perfetto.
O quello che è lo stesso, nel caso della gestione privatizzata, il 60% del denaro pubblico che, il governo andaluso, destina alla dipendenza va alle imprese come quella del miliardario Florentino Pérez, mentre le donne che forniscono il servizio soffrono ansia, stress e condizioni di lavoro di semi-schiavitù. Questo conteggio esce dai 13 euro che l’Amministrazione regionale dà al servizio e i 4,90 euro che dicono di ricevere le lavoratrici.
A Cadice svolge il suo lavoro, Rosario, una donna che è stata minacciata con un’arma da un assistito. O, anche Maria, che mentre cucinava è stata minacciata con un coltello da un paziente affetto da schizofrenia che gridava di volerla uccidere. Entrambe hanno denunciato i fatti alla azienda, che sta guadagnando grazie alla legge della dipendenza, ma che nulla hanno fatto per dare sicurezza sul lavoro a queste due lavoratrici.
In Almodóvar del Río (Cordova) vive Juana, una donna che, insieme al resto delle sue compagne, riesce raramente a coprire le spese del mese. Negli ultimi quattro mesi non c’è riuscita: non ha potuto comprare il materiale scolastico per i figli, le hanno tagliato la luce, l’acqua, i figli hanno potuto magiare grazie alla sua famiglia e ai vicini di casa e la banca la chiamava ogni giorno per domandarle cosa stava succedendo con il mutuo. Juana guadagna un salario dignitoso e ha giornate lavorative decenti, poiché il servizio in questa città è a gestione pubblica, ma comunque il problema è che la Giunta andalusa, non considera una priorità fare trasferimenti di denaro in modo regolare, affinché queste donne possano lavorare senza pensare che lasciando dovranno chiedere gli alimenti alla Caritas.
Sono solo quattro nomi di donne che si dedicano a compiere una legge approvata 10 anni fa da Jose Luis Rodriguez Zapatero e che in questi giorni lo PSOE di Susana Diaz vuole vendere come un trionfo delle loro politiche a favore delle donne, che sono state e sono le grandi curatrici delle persone non autonome in Spagna.
Tuttavia, questo discorso falsamente a favore delle donne dimentica che la Legge della Dipendenza è ricaduta nuovamente sulle donne, soprattutto, le più povere, che sono quelle che la svolgono.
Donne vittime di violenza di genere, madri che curano i loro figli da sole, donne che portano in casa gli unici soldi, dopo il licenziamento del partner, donne senza formazione e quindi senza possibilità di ottenere un lavoro migliore. Donne che diventano carne da cannone per lo sfruttamento a cui sono sottoposti molti lavori di cura.
C’è la falsa credenza che il femminismo non deve avere classe sociale. Da qui, la convinzione che una donna ricca ha gli stessi bisogni di Manoli, che si alza ogni giorno con la fibromialgia per guadagnare 540 euro, per curare le persone dipendenti. La legge sulla Dipendenza è la prova vivente che il femminismo deve avere una prospettiva di classe e che quando si legifera in nome del femminismo, dimenticando le donne povere, privatizzando servizi per arricchire le grandi multinazionali, si rende più profonda la disuguaglianza di genere e le condizioni di sfruttamento che le donne subiscono nei luoghi di lavoro.
(...) Imprese come quella di Florentino Pérez, trovano in questo femminismo per ricche il loro migliore alleato, per continuare a sfruttare le donne e aumentare il loro tasso di infame profitto, ora, sotto un falso slogan di liberazione delle donne (ad eccezione di quelle povere) dalla cura delle persone dipendenti.
Se impoverisce non è femminismo. E se impoverisci, non sei femminista.
(traduzione di Anita Silviano)

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