domenica 21 ottobre 2012

Vite spezzate in nome del nulla

Il recente femminicidio di Palermo fa riflettere:
Un giovane di 23 anni, figlio di imprenditori, a detta degli inquirenti "di intelligenza inferiore alla media", dedito alla palestra e a facebook, esce di casa con un coltello per andare ad ammazzare la ragazza che non lo vuole più. Uccide sua sorella, e ferisce lei. 
La società non può non interrogarsi sul perchè di questa tragedia, la 100esima dall'inizio dell'anno. 
Perchè è OVVIO che le responsabilità non risiedono solo nell'anima persa di questa ragazzo perso, colpevole di rispondere ai dettami di un mondo che vuole le donne proprietà privata dell'uomo (uomo?) che anche per poco tempo, per lo spazio di un secondo di una vita adolescente, le possiede.
Questa ragazza che voleva difendere sua sorella, rappresenta tutte noi, che cerchiamo faticosamente di ricreare una "sorellanza" che in questo caso è stata vera. Tutte noi che rifiutiamo, per prima cosa, il patriarcato, il vero colpevole di questa ed altre vicende. 
Il PATRIARCATO che fa di uomini dei mostri, che distrugge le vite in nome del nulla che rappresenta.
Vite spezzate, vite di donne che avevano un futuro lungo e felice di fronte a loro, uccise dalla mano di un'idiota che, ancora una volta, agisce in nome del potere dell'uomo sulla donna.
Orrore, senza fine, senza risposta, senza senso, se non nella infinita lotta contro le donne che il patriarcato ha intrapreso da millenni, e che ancora oggi trova proseliti nella squallida idiozia di un ragazzo palestrato.

Attenzione: i mostri sono fra noi, sono ogni giorno fra noi, e si nascondono nelle pieghe dell'indifferenza di una società abituata alla morte, una società che riesce ad indignarsi solo quando il sangue scorre e distrugge vite che andavano vissute.

Attenzione: i mostri sono qui, sono vicini e non ci fanno sconti, sono pronti ad agire se non li fermiamo, e li fermiamo solo se distruggiamo la loro linfa vitale, ciò che li fa crescere e li rende forti: il PATRIARCATO che vuole che la donna sia di loro proprietà, e che non abbia scampo se decide di vivere la sua vita.

I mostri sono qui, nascosti nei volti che incontriamo in autobus, davanti alle scuole, al supermercato. Non sono pochi, sono TANTISSIMI; noi dobbiamo disarmarli facendoci forti e reclamando la nostra identità. 
DISTRUGGIAMO IL PATRIARCATO, solo così fermeremo la mattanza.

sabato 20 ottobre 2012

Riguardo il diritto di manifestare la propria transfobia: La Macelleria Sociale ha riaperto i battenti (di Michela Angelini)


Con rabbia (per la vicenda) e piacere (per le riflessioni che avrete modo di leggere di seguito), riportiamo testualmente il contributo di Michela Angelini, originariamente diffuso tramite Facebook.
Il testo scritto da Michela, sulla sua pagina FB, potete trovarlo cliccando qui.

Il Convegno in questione si intitolava “Dalla scoperta di sé alla transizione. Il percorso medico/psicologico per le persone transessuali e transgender” e si è tenuto giovedì 18 ottobre presso il Policlinico di Borgo Roma, a Verona. Tale evento culturale era stato organizzato dal Dipartimento di Sanità pubblica e Medicina di Comunità e dal Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università Scaligera, con la collaborazione del Servizio di Accoglienza per le persone transessuali e transgender (SAT), nato un anno fa all’interno del Circolo Pink di Verona.


Il programma del Convegno



Già qualche giorno prima del Convegno, gruppi catto-fascisti (in particolare gli studenti di “Lotta Studentesca”, sostenuti dai movimenti Cattolici fedeli alla Tradizione “Circolo Christus Rex” e “Famiglia e Civiltà") organizzavano un presidio davanti alla sede per manifestare con questa motivazione 
"Vogliamo che siano rispettati i soldi delle famiglie e la volontà di tutti quei padri e quelle madri che educano i figli secondo natura, per essere uomini e donne veri e non costruiti col bisturi!"
 (citazione tratta dal sito http://www.agerecontra.it/public/press20/?p=13401 ).


Quello che è avvenuto quel giorno ce lo racconta Michela. 
Di seguito il suo testo.

“Macelleria sociale” ripete più volte il professor Paglianti, antropologo, durante il suo intervento al convegno “dalla scoperta di sé alla trasizione”. “Macelleria sociale” quando si vuole far coincidere genere e sesso anatomico. “Macelleria sociale” quando essere uomo o donna significa rispondere ad una lista di ruoli stereotipati. “Macelleria sociale” quando si negano le sfumature di genere a favore del binarismo sessuale. “Macelleria sociale” quando si pensa che gli ultimi 100 anni di storia cancellino tutti i precedenti. E' fiero di illustrare vite di importanti personaggi del passato nelle vesti del sesso opposto. Il genere è, infatti, una costruzione sociale, una lista di norme non scritte che è variata tanto nei secoli e varia a seconda della società considerata. Sorride mentre elenca i “sintomi” della disforia di genere (della transessualità) contenuti nel manuale diagnostico DSM IV e consiglia, ridendo, “attenti uomini veri, non lavate i piatti e non buttate la spazzatura, potreste essere presi per transessuali”.

Da ognuno dei professionisti che si sussegue al microfono, medici, psicologi, legali e persone direttamente coinvolte con le problematiche trans, emerge la consapevolezza che ogni individuo (trans o non trans) incarna una variante di genere e che ogni transessuale ha la sua personale storia. Società, legge, medicina e servizi devono rinunciare al dualismo di genere sostituendolo con un ventaglio di combinazioni di maschile e femminile, svincolato dalla conformazione genitale.

Ma fuori dal policlinico G.B. Rossi di Verona, che ospita l'evento, ci sono altri “esperti di tematiche sociali”, che esprimono idee diverse. Invece di presentarsi come professori, dottori o medici si presentano con i nomi di “Christus Rex, Lotta studentesca, Famiglia e civiltà e, ben barricati dietro lo slogan le tasse degli studenti non servono per pagare i “disturbi” altrui, distribuiscono volantini dove espongono teorie virilistico-fasciste.

Attraverso “per caso” la strada e un omone grande e grosso, rappresentante di quelli che i giornali chiamano “forze di estrema destra e cattolico tradizionalisti”, mi consegna uno di questi volantini. Apprendo, così, che l'università (la paladina dell'evoluzionismo chirurgico), spiegherà come cambiare sesso, sposarsi ed adottare bambini, a persone che spesso non intraprendono il percorso di transizione per cambiare sesso ma per creare figure a metà tra uomo e donna, che popolano le strade ed i locali notturni. Questa nuova tendenza, lontana dal buon gusto, non dovrebbe assolutamente essere oggetto di discussione all'interno di un'università, popolata da ragazzi e ragazze educati secondo natura per essere uomini e donne veri.
“Piacere, sono Michela e sono trans”, mi viene da dire all'omone, che bofonchia qualcosa tra un “oh ed un ah”. Chiedo perché siano li, a presidiare e a distribuire questi volantini e mi viene risposto “Perché qui si insegna a diventare trans”. Rispondo che, evidentemente, è mal informato. Il convegno tratta, infatti, dell'accettare se stessi senza dover combaciare con stereotipi di genere e che non necessariamente significa affrontare una transizione, ma solo star bene con se stessi. Mi viene risposto, con tono scocciato, che “non sono certo questi i problemi dell'Italia”.


Il volantino consegnato all'ingresso del Convegno



Tornata dall'altro lato della strada Barbara X, scrittrice, attivista per i diritti trans ed antispecista, capendo l'ideologia alla base di tale presidio, espone una bandiera antifascista e sottolinea che manifestare per negare l'esistenza ad una categoria di persone (colpevoli di interpretare il sé secondo scienza e non secondo stereotipo) non può essere permessa, visto che l'Italia, democratica, è antifascista per costituzione.
Con mio grande rammarico, scopro che il presidio è autorizzato e che le “forze dell'ordine” presenti invitano Barbara a mettere via la bandiera perché, così facendo, stava dando via ad un contropresidio che, a differenza di quello dall'altro lato della strada, non aveva il benestare della questura. Le “forze dell'ordine” ci invitano a proseguire verso il convegno perché “il vostro posto è la dentro” mentre, evidentemente, stavamo infastidendo la regolare, giusta, transfobica manifestazione catto-fascista che, protetta dalle forze dell'ordine, era li per insegnare il verbo a chiunque passasse di lì: le persone trans sono una malattia contagiosa, a questo convegno vogliono farvi diventare trans.
“Macelleria sociale” è permettere manifestazioni con questi contenuti. Mi sarebbe stato permesso, davanti ad un convegno che parla di disabilità, di puntare il dito su questa categoria di persone,mezzi uomini e mezzi macchina, nuovi mostri dell'evoluzionismo chirurgico, che popolano i marciapiedi facendo spendere milioni di euro per abbattere le barriere architettoniche?
Secondo il signore della digos avrei tutto il diritto di farlo, perché siamo in democrazia. Io credo sarei stata, giustamente, lapidata dai passanti (che non credo sarebbero stati considerati un contropresidio). Qual'è la differenza tra la prima, reale, e la seconda, provocatoria, manifestazione? Ci sono persone che hanno più diritto all'esistenza di altre? Ci sono fascismi permessi e fascismi vietati? Credete ancora che una legge contro l'omotransfobia non serva?

C'è poi un altro dato, secondo me, altrettanto grave: accettare di essere macellat* socialmente. La stragrande maggioranza di persone, anche transessuali, che partecipa al convegno ritiene che fuori ci siano solo quattro poveracci non degni di attenzione. Peccato che questi “poveracci” siano fuori con uno striscione, un megafono ed altri volantini, a sputare ignoranza, pregiudizio e odio verso le persone trans verso ignari passanti o curiosi che, forse, senza questo bagno di sentenze sarebbero entrati ad informarsi sulle tematiche di genere.
Il convegno è stato definito un trionfo ma, mi chiedo, come possiamo definirci trionfanti se ignoriamo la dilagante transfobia, sminuendo la gravità di certi episodi? Non è forse il caso di smetterla con il qualunquismo e iniziare a reagire agli insulti della gente imbevuta di ideali che puzzano di vecchio?
In nome di quale democrazia dovremmo permettere a questa “macelleria sociale” di funzionare? Perché devo girarmi e vedere la dignità delle persone ridotta a mezzene e frattaglie da macellai legalizzati che brandiscono la lama dell'ignoranza?
Non è forse ora di reagire dando qualche scornata a questo sistema virilistico-fascista che pretende di decidere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato senza sapere nemmeno di cosa stanno parlando?
Non sarebbe, forse, il caso di pensare ad una manifestazione, ad un Verona pride, per dire a questa gente che siamo orgoglios* di essere transgender ed omosessuali e che i socialmente disadattati non siamo noi?
Spero che a seguito di questa riflessione sorgano idee per mettere in atto contromisure da parte della comunità GLBTIQ, in modo che episodi del genere non si ripetano perché, diciamocelo, non ne possiamo più di essere carne da macello.


L'articolo del giornale "L'Arena"

mercoledì 17 ottobre 2012

Anonymous, la caccia al cyber-stalker e la giovane Amanda. Riflessioni sulla vicenda.

Leggo oggi sul giornale un articolo relativo alla recente pubblicazione da parte di Anonymous - nota unione di hacktivists, attivisti hacker - delle generalità del cyber-stalker di Amanda Todd, giovane donna morta suicida all'età di 15 anni.


LA VICENDA

Amanda conosce un ragazzo in chat, che dice di avere 15 anni. Si fida di lui. Alla scoperta della propria sessualità, presumibilmente, e forte di un legame creatosi con questo ragazzo per lei degno di fiducia, la ragazza risponde positivamente alla sua richiesta di mostrare i seni. A insaputa della giovane donna, il tizio scatta una fotografia.
E da quel momento, l'inferno.
Il ragazzo si rivela non degno di fiducia in quanto prende a ricattarla: avrebbe diffuso in rete quell'immagine se lei non si fosse "esibita" per lui.
Quell'immagine, il persecutore che per 3 anni l'ha ricattata e tormentata, la diffonde comunque.
Viene creato un gruppo su Facebook in cui la foto viene resa nota, accompagnata dal nome e cognome di Amanda. Il suo seno diventa di dominio pubblico. E lei diventa lo zimbello della scuola.
Amanda è un'adolescente ed è inutile ricordare quanto quell'età sia delicata.
Lotta contro tutto e tutti, contro le risate e lo stigma, ma non può non accusare il colpo. E' giovane. E quello che è successo fa male, è tutto più grande di lei.
Ansia, panico, solitudine. Isolamento. Stigma.
Un poliziotto che le dice "le tue foto le hanno viste tutti". Gli insulti su Facebook. Le risate e le prese in giro a scuola.
Amanda cambia scuola, cambia anche città. Ma quelle foto la seguono ovunque. Nessuno si prende cura di lei.
Amanda è giovane. Ha paura. Vuole solo essere amata.
Conosce un altro uomo su internet. Probabilmente cerca in lui quell'amore che le viene negato e di cui ha bisogno per vivere, per tornare a vivere come ogni adolescente meriterebbe.
Ma quell'uomo ha una compagna. Una donna che rintraccia Amanda e la aggredisce in pubblico.
Calci. Pugni. Gli spettatori che incitano l'aggressora a dargliene di più. A far vedere a quella ragazzina che cosa succede a non stare al suo posto. Quella puttanella.
Amanda decide di morire e beve della candeggina. Ma una lavanda gastrica la salva.
Su Facebook, nemmeno di fronte al tentato suicidio, gli insulti si placano. C'è chi le suggerisce di fare di meglio la prossima volta.
Arriva il secondo tentativo di suicidio ma non riesce.
E poi, mercoledì 10 ottobre, Amanda ci riesce. Si toglie la vita. Muore.
Vengono diffuse le fotografie della sua autopsia, in cui lei è completamente nuda.


IL PROSIEGUO

Anonymous invia un comunicato ad un'emittente televisiva canadese:
Generalmente non amiamo avere a che fare con la polizia direttamente, ma in questo caso ci siamo sentiti nell'obbligo di utilizzare le nostre capacità per difendere i minori. Questa è una storia a cui non siamo indifferenti.
A tale comunicato si aggiunge un video, con cui le generalità dello stalker  (nome, cognome, domicilio) vengono rese note su Youtube.
Non un 15 enne, bensì un uomo di 32 anni, dedito alla pornografia, pare.
La cosa diventa di pubblico dominio. La polizia teme per la sicurezza di quest'uomo.


LE POLEMICHE

C'è chi ha prontamente sentenziato che quella condotta da Anonymous non sia un atto di giustizia. Che quanto accaduto, lungi dal risarcire Amanda o anche solo la sua memoria, è disonorevole poichè innescherà, se non l'ha già fatto, una sorta di caccia all'uomo.

Amanda e le immagini del suo ultimo e unico video-denuncia.


A costo di risultare crudele, mi domando: e allora?
Questa giovane donna, morta a 15 anni, non ha forse subito lo stesso trattamento, quando era in vita?
Non è stata diffamate, braccata, perseguitata, per via di contenuti digitali resi noti contro la propria volontà? Contenuti che hanno violato la sua intimità, la sua dignità, la sua libertà?
Non è stata forse oltraggiata?
Perchè dovrei preoccuparmi che accada lo stesso al suo aguzzino?

E' difficile non cadere nella logica dell'occhio per occhio e dente per dente, quando ci si trova di fronte a queste vicende drammatiche, che lasciano sconcerto e rabbia nel cuore.
E' difficile non farsi prendere dalla stessa brutalità che ha provocato la morte di Amanda, ora che si tratta del restituire il favore al suo aguzzino.

Ed è altrettanto facile perdere di vista il vero punto della vicenda, la vera nota drammatica e terribile, lanciandosi nella caccia al capro espiatorio.

Che quest'uomo abbia usato violenza su Amanda è indubbio. E rimango fedele, ahimè, alla speranza che tutto il dolore che ha inflitto alla ragazza gli si ritorca contro, triplicato.
Ma non è il solo ad avere responsabilità in questa vicenda.
Non è il solo aguzzino.

Perchè nemmeno da morta ha avuto diritto ad una propria intimità: le immagini dell'autopsia che la ritraevano nuda hanno fatto il giro del mondo.
Perchè se Amanda avesse trovato attorno a sè un contesto di protezione, le cose sarebbero andate diversamente.
Invece intorno a sè non ha trovato altro che astio e crudeli prese in giro. E questo è assai più grave.
Grave perchè sono stati principalmente i suoi coetanei e le sue coetanee a metterla a tappeto.
E si sa quanto l'opinione dei pari conti durante l'adolescenza.

E' questo il vero punto, la nota dell'orrore, nella vicenda.
La risposta che la società - in questo caso la porzione di società, composta da adolescenti - ha dato alla violenza subita da Amanda, la vittima designata.


Immagine utilizzata da un sito internet a commento della vicenda.

Un esempio di "presa in giro" circolato in internet dopo il primo tentato suicidio di Amanda.



NOTE A MARGINE

E' successo anche a me, in piccolo, quando ero una ragazzina.
All'epoca non esistevano web cam e cose del genere, ma le chat già c'erano. E c'erano i telefoni.
Conobbi un ragazzo, tale Umberto, che diceva di avere 20 anni. Io ne avevo 14.
I nostri erano scambi di sms e niente altro. Messaggi "puliti", nessuna nota osé.
Per me questo Umberto era un amico, un amico virtuale, ma pur sempre un amico.
Ebbi un giorno la malsana idea di scrivergli un sms dal telefono di mia madre, dicendogli che quello era il numero di una mia amica. Mi seccava dire la verità e non avevo credito per rispondere dal mio numero ai suoi sms.
Tutto come al solito, finchè un giorno sul telefono di mia madre non arrivò un messaggio che recitava "M. fotte come una cagna" ed altre sconcerie simili. Ovviamente il nome che ho messo puntato qui, era scritto per esteso. A quell'sms ne seguirono altri dello stesso genere.
Mia madre e mio padre vennero a chiedermi spiegazioni e non dimenticherò mai il biasimo presente nei loro sguardi. Come se fosse colpa mia. Come se io, a 15 anni (mai stata baciata!!), dovessi cercare di convincerli che no, non fottevo come una cagna.
Ricordo il gelo che provai. E la vergogna.
E quell'eco che rimbombava nella mia testa suggerendomi "te la sei cercata". Perchè quel ragazzo non lo conoscevo. Perchè probabilmente non aveva affatto 20 anni. Perchè avevo dato confidenza ad uno sconosciuto.


C'è un po' di Amanda nella storia di ognuna di noi. 
Un po' del suo dolore ci è appartenuto.
Non dimentichiamolo quando ci capiterà di incontrare un'altra donna - giovane o meno che sia - in grave difficoltà come lei. Non dimentichiamolo e agiamo di conseguenza. Con amore.
Affinchè nessuna sia più messa in condizione di dire "non ho nessuno, ho bisogno di qualcuno" (qui il video in cui Amanda chiede aiuto).

Immagine tratta dal video-denuncia di Amanda.





lunedì 15 ottobre 2012

Rapporti tra i sessi e lotta di classe

Nel libro "Le basi sociali della questione femminile " scritto nel 1911, Alessandra Kollontai, parla delle nuove forme di relazioni che stanno sorgendo tra la classe operaia e della crisi sessuale che esiste nel capitalismo e che colpisce tutta la società. Così come,  per gli altri ambiti della vita, la maggior parte dei rapporti personali sono - secondo l'autora - mediati e condizionati dal tipo di struttura sociale che il capitalismo genera.

Il testo della Kollontai analizza le cause che danno origine a questa crisi sessuale e, i fattori, come l'egoismo, il sentimento di possesso o la sottomisione di un sesso ad un altro - che la rendono ancora più grave.

Sorprendente è l'attualità delle analisi svolte in questo articolo da questa illustre donna,  che è stata una delle massime esponenti  del movimento rivoluzionario russo, figura fondamentale nella lotta per il comunismo e la liberazione delle donne.

Qui, di seguito, pubblichiamo un estratto dal libro.

Buona lettura.





RAPPORTI TRA I SESSI E LOTTA DI CLASSE

Tra i molteplici problemi che turbano oggi l'intelligenza ed il cuore dell'umanità, uno dei primi in ordine di importanza è senza dubbio quello sessuale. Non vi sono paesi, né popoli, esclusi i leggendari «insulari», nei quali la questione sessuale non abbia assunto un carattere sempre più scottante e doloroso. L'umanità odierna attraversa una crisi sessuale non solo acuta nelle sue forme, ma (il che è molto peggio e forse maggiormente pericoloso) che si prolunga nel tempo.
Forse, lungo tutto l'arco della storia dell'umanità non si troverà un'epoca in cui i problemi sessuali abbiano rivestito nella vita sociale un ruolo così centrale, in cui i rapporti tra i sessi abbiano catalizzato su di sé, come per magia, gli sguardi tormentati di milioni di uomini, in cui i drammi sessuali abbiano costituito a tal punto una fonte inestinguibile d'ispirazione per i rappresentanti di tutti i generi e di tutte le forme d'arte.
Quanto più la crisi si prolunga, quanto più assume carattere cronico, tanto più la presente situazione sembra senza sbocchi e tanto più ardentemente l'umanità si getta su tutti i possibili mezzi di risoluzione di questa «dannata questione». Ma, ad ogni nuovo tentativo, la complessa matassa dei rapporti sessuali non fa che aggrovigliarsi ulteriormente e sembra che il filo, grazie al quale si riuscirebbe a sciogliere il nodo ostinato, resti invisibile. L'umanità spaventata oscilla disperatamente tra un estremo e l'altro ma il cerchio magico della questione sessuale resta sempre chiuso.
«Occorre tornare ai vecchi tempi, ristabilire le antiche norme familiari, rinforzare le regole tradizionali della morale», decide la parte conservatrice dell'umanità. «Occorre distruggere tutte le ipocrite difese dell'antiquato codice della morale sessuale; è giunta l'ora di gettare alle ortiche quest'anticaglia inutile e fastidiosa [...]. La coscienza individuale, la volontà individuale di ognuno, ecco l'unico legislatore in questa sfera intima», si sente dire da parte dell'individualismo borghese. «La soluzione dei problemi sessuali si avrà con l'istituzione di un ordine economico e sociale totalmente riformato», assicurano i socialisti; ma questo rinviare al futuro non indica forse che neppure noi abbiamo in mano il filo conduttore?
Esiste la possibilità di scoprire già oggi o almeno di indicare, il filo magico che permetta di sciogliere il nodo?

Il metodo per affrontare questa ricerca ci è dato dalla storia stessa della società umana, storia della ininterrotta lotta di classi e di gruppi sociali diversi, opposti gli uni agli altri dai loro interessi e dalle loro tendenze. Non è la prima volta che l'umanità attraversa un periodo di crisi sessuale acuta; non è la prima volta che la precisione e la chiarezza dei precetti morali correnti nel campo dell'unione sessuale vengono meno sotto il frangersi dell'ondata di nuovi ideali morali. L'umanità ha vissuto una crisi sessuale particolarmente acuta all'epoca del Rinascimento e della Riforma, nel momento in cui un imponente spostamento sociale fece indietreggiare l'aristocrazia feudale, fiera della sua nobiltà, abituata al dominio incontrastato, e spianò il terreno all'avvento di una nuova potenza sociale, crescente in numero ed in forze: la borghesia in ascesa. Il codice della morale sessuale del mondo feudale, nato dal seno della vita aristocratica, con la sua economia comune, i suoi autoritari principi di casta, si trovò di fronte il nuovo, avverso codice della morale sessuale della classe borghese in formazione. La morale sessuale della borghesia discendeva da principi radicalmente opposti ai principi morali essenziali del codice feudale; invece del principio di casta, appariva una severa "individualizzazione", i limiti chiusi della famiglia nucleare; al posto del fattore di «collaborazione», caratteristico tanto dell'economia comune quanto dell'economia regionale, appariva quello della "concorrenza". Le ultime vestigia delle idee comuniste, proprie a livelli diversi di tutte le tappe evolutive della vita di casta, furono travolte dal principio trionfante della "proprietà privata" individualizzata, isolata. L'umanità disorientata oscillò per secoli tra i due codici sessuali, così differenti nello spirito informatore, cercando di adattarsi alla situazione, fino al momento in cui la complessa fucina della vita non ebbe fuso le norme antiche nello stampo nuovo e raggiunto almeno un'armonia di forme.
Ma, in quest'epoca di sconvolgimenti, vivace e policroma, la crisi sessuale, malgrado tutta la sua acutezza, non presentava il carattere minaccioso che ha assunto oggi. La causa è da ricercarsi nel fatto che nei grandi giorni del Rinascimento, in questo secolo nuovo in cui i luminosi raggi di una nuova cultura spirituale riempirono di vivi colori la vita povera di contenuti del mondo medievale in agonia, solo una parte relativamente ristretta della società risentiva della crisi della morale sessuale. Lo strato quantitativamente più esteso della popolazione del tempo, il mondo contadino, non ne veniva toccato che indirettamente, solamente nella misura in cui, attraverso un lento processo secolare, la trasformazione delle basi economiche avveniva anche lì, nella misura in cui cioè i rapporti economici si evolvevano.
Ai vertici più alti della scala sociale, al contrario, s'ingaggiava una dura lotta tra due mondi sociali dalle tendenze opposte; lì, gli ideali e le norme delle due concezioni avverse lottavano; lì, la crisi sessuale crescente e minacciosa mieteva le sue vittime. Il mondo contadino, ostile alle innovazioni, dalla base stabile, continuava a essere attaccato saldamente ai collaudati pilastri delle tradizioni ancestrali, modificando, diluendo ed adattando alle innovate condizioni della propria vita economica il codice fisso della morale sessuale tradizionale. La crisi sessuale, nell'epoca della dura lotta tra mondo borghese e mondo feudale, non toccava lo «strato tributario» e quanto più le vecchie forme si spezzavano ai vertici, tanto più solidamente, in apparenza, il mondo contadino restava legato alle proprie tradizioni ancestrali. Malgrado le tempeste che passavano sulla loro testa e scuotevano il suolo anche sotto i loro piedi, i contadini ed in particolar modo i contadini russi, riuscirono a conservare, per secoli interi, i principi essenziali del loro codice di morale sessuale allo stato primitivo.
Il quadro di oggi è ben diverso. Questa volta la crisi sessuale non risparmia neppure il mondo contadino. Come una malattia infettiva, non riconoscendo «né gradi né rango», essa si sposta dai palazzi e dalle ville ai popolosi quartieri operai, penetra nelle placide abitazioni borghesi, si fa strada nel solitario villaggio russo, scegliendo le sue prede tanto nella villa del borghese europeo quanto nelle cantine umide della famiglia operaia e nella capanna piena di fieno del contadino. Contro la crisi sessuale, non vi sono «né difese, né catenacci». Sarebbe un grave errore ritenere che solo i rappresentanti degli strati sociali dall'esistenza materialmente sicura ne siano colpiti. I vaghi disordini della crisi sessuale varcano sempre più di frequente la soglia delle abitazioni operaie, creandovi drammi che per la loro dolorosa acutezza non sono certo inferiori ai conflitti psicologici del mondo raffinato della borghesia.

Ma proprio perché la crisi sessuale non tocca solamente gli interessi dei «possidenti», perché i problemi sessuali investono allo stesso modo uno strato sociale così considerevole come l'odierno proletariato, è incomprensibile e imperdonabile che questa essenziale e dolorosa questione incontri una simile indifferenza. Tra i molteplici e numerosi compiti che incombono alla classe operaia nella sua offensiva per costruire l'avvenire si trova anche, senza alcun dubbio, il compito dell'edificazione di più sani e più felici rapporti tra i sessi.
Da dove viene la nostra imperdonabile indifferenza nei confronti di uno dei compiti essenziali della classe operaia? Come spiegarsi l'ipocrita collocazione del problema sessuale nel cassetto degli «affari di famiglia», sottratto alla necessita di uno sforzo collettivo? Come se i rapporti tra i sessi e l'elaborazione di un nuovo codice morale regolatore di questi rapporti non apparissero in tutto il corso della storia come fattori invariabili della lotta sociale; come se i rapporti tra i sessi, nell'ambito di un gruppo sociale determinato, non avessero un'influenza fondamentale sull'esito della lotta tra classi sociali antagoniste.

Il dramma dell'umanità odierna consiste non solo nel fatto che, davanti ai nostri occhi, si spezzano le usuali forme di unione tra i sessi ed i principi che le regolano, ma anche nel fatto che dai bassifondi della società esalano i freschi profumi sconosciuti di una nuova forma di vita, che riempiono l'animo umano di desiderio di ideali futuri, ancora irrealizzabili al giorno d'oggi. Noi, uomini di un secolo caratterizzato dalla proprietà capitalistica, di un secolo di aspre lotte di classe e di morale individualistica, viviamo e pensiamo ancora sotto il funesto segno di un'inevitabile solitudine morale. Questa solitudine in mezzo ad immense città popolose, tentatrici e rumorose, questa solitudine, anche tra amici e compagni, conduce l'uomo d'oggi ad aggrapparsi con malsana avidità all'illusione dell'«anima gemella», dell'anima appartenente ad un essere dell'altro sesso, in quanto solo l'amore possiede il magico potere di scacciare, almeno per un certo periodo, le tenebre della solitudine.
Mai forse, in nessuna epoca, la solitudine morale è stata avvertita con una così dolorosa acutezza e una tale persistenza come oggi. È impossibile che sia altrimenti. La notte sembra molto più impenetrabile quando un lumicino brilla in lontananza. E davanti agli occhi degli individualisti contemporanei che sono ancora labilmente legati alla collettività, ad altri individui, brilla una nuova luce: la trasformazione dei rapporti tra i sessi in cui il fattore cieco, fisiologico, cede il passo al fattore creatore: la solidarietà tra compagni.


La morale della proprietà individualistica odierna comincia a sembrare particolarmente soffocante. Nella sua critica dei rapporti sessuali, l'uomo moderno giunge molto più lontano della semplice negazione delle antiquate forme esteriori e del codice della morale corrente. Il suo animo solitario cerca la rigenerazione dell'essenza stessa di questi rapporti, desidera ardentemente il grande amore, forza calda e creatrice che sola ha il potere di scacciare il freddo fantasma della solitudine morale che tormenta gli individualisti contemporanei. Se la crisi sessuale è per tre quarti condizionata da rapporti esterni di natura socioeconomica, un quarto della sua gravità è sicuramente dovuto alla nostra raffinata psicologia individualistica, coltivata con tanta cura dall'ideologia borghese dominante.

L' umanità contemporanea è effettivamente, come dice la scrittrice tedesca Meisel-Hess, povera in «potenziale d'amore». I rappresentanti dei due sessi si cercano vicendevolmente, ciascuno nel desiderio di ricevere "dall'altro, tramite l'altro", la maggior parte di godimenti spirituali e fisici solo "per se stesso". L'amante o il fidanzato si curano molto poco dei sentimenti, del travaglio in atto nella donna amata.
Il grezzo individualismo che contraddistingue il nostro secolo si esprime molto chiaramente nell'ambito dei rapporti tra i sessi, come forse in nessun altro settore. L'uomo, fuggendo la solitudine morale, crede candidamente che sia sufficiente amare, rivendicare i propri "diritti su" di un'altra anima, per riscaldarsi nei raggi di una rara felicità, l'affinità morale e la comprensione. Noi, individualisti, dall'animo reso grossolano dal costante culto del nostro «io», crediamo di cogliere la felicità totale, il grande amore in noi e nei nostri simili, senza dare in cambio i tesori della nostra anima!
Pretendiamo sempre la totalità indivisa dell'essere amato, e noi stessi siamo incapaci di rispettare la più elementare norma dell'amore: avvicinare l'animo altrui con il massimo rispetto. Questa norma ci sarà gradualmente inculcata dai nuovi rapporti che già si delineano tra i sessi, rapporti fondati su due nuovi principi: piena libertà, uguaglianza e autentica solidarietà tra compagni. Ma, per il momento, l'umanità sente ancora il gelo della solitudine morale e non può che sognare questo secolo migliore, in cui tutti i rapporti umani saranno penetrati da sentimenti di solidarietà, generati da nuove condizioni di vita. La crisi sessuale è irresolubile senza una riforma fondamentale della psicologia umana, senza l'accrescimento del «potenziale d'amore». Ma questa riforma della psiche dipende interamente dalla riorganizzazione fondamentale dei nostri rapporti socioeconomici su basi comuniste. Al di fuori di questa «vecchia verità», non c'è via d'uscita.
Infatti, malgrado tutte le forme di unione tentate dall'umanità odierna, la crisi sessuale non si attenua minimamente. La storia non ha mai conosciuto una simile molteplicità di forme di unione: il matrimonio indissolubile con la famiglia stabile e, accanto, la libera unione passeggera; l'adulterio in segreto nel matrimonio e la vita in comune della giovane con il suo amante, il matrimonio «selvaggio», il matrimonio a due ed il matrimonio a tre, e anche la forma complicata del matrimonio a quattro, per non parlare delle molteplici varianti della prostituzione. E l'una accanto all'altra, nel contadino e nel piccolo borghese, troviamo (residui dei vecchi costumi di casta mescolati ai principi in decomposizione della famiglia borghese individualistica) la vergogna dell'adulterio e la vita matrimoniale tra il suocero e la propria nuora, la libertà per la giovanetta, e sempre la stessa «doppia morale».
Le forme attuali di unione sono contraddittorie e problematiche, e non possiamo fare a meno di chiederci come l'uomo, che ha conservato nel suo intimo la fede nella fermezza dei principi morali, riesca a ritrovarsi in queste contraddizioni e a destreggiarsi fra tutti questi precetti i morali inconciliabili che si distruggono l'un l'altro. Persino la solita giustificazione: «Vivo secondo la nuova morale» non regge, in quanto questa «nuova morale» si trova ancora nella sua fase di formazione. Il compito consiste precisamente nel mettere infine in evidenza questa morale in embrione, nel cogliere, nel caos delle contraddittorie norme sessuali odierne, i contorni dei principi corrispondenti allo spirito della classe rivoluzionaria in ascesa.
Oltre che a causa del difetto fondamentale della psicologia attuale (l'estremo individualismo, il culto dell'egocentrismo), la crisi sessuale si aggrava ulteriormente per la presenza di due altri fattori tipici della psicologia contemporanea: l'idea dei diritti di "proprietà" di un essere sull'altro e il secolare pregiudizio circa l'ineguaglianza dei sessi in tutte le sfere della vita, compresa la sfera sessuale. L'idea della proprietà inviolabile degli sposi è stata accuratamente coltivata dal codice morale della classe borghese, con il suo ideale di famiglia individualistica ripiegata su se stessa, interamente costruita sulle basi della proprietà privata. Nell'inoculazione di quest'idea nella psicologia umana, la borghesia ha raggiunto la perfezione. La concezione della proprietà nel matrimonio è attualmente molto più estesa di quanto non fosse nel codice aristocratico dei rapporti sessuali. Nel corso del lungo periodo storico svoltosi sotto il segno del principio di casta, l'idea del possesso della donna da parte del marito (la donna, da parte sua, non aveva diritti assoluti di proprietà sul marito) non si estendeva al di là del mero possesso fisico. La sposa doveva essere fisicamente fedele al marito, mentre il suo animo le apparteneva ancora.
Anche i signori riconoscevano alle loro spose il diritto di avere degli amanti platonici e di ricevere l'«adorazione» dei cavalieri e dei menestrelli. L'ideale del possesso assoluto, non solo dell'«io» fisico, ma anche dell'«io» spirituale di uno sposo, l'ideale che ammette una rivendicazione di diritti di proprietà sul mondo spirituale e morale dell'essere amato, è un ideale che è stato interamente formato, coltivato dalla classe borghese allo scopo di rinforzare le fondamenta familiari che assicuravano la sua stabilità e la sua forza durante il periodo di lotta per l'egemonia sociale. E non solo abbiamo ereditato quest'ideale, ma siamo persino pronti a considerarlo un «assoluto» morale incrollabile!
L'idea della proprietà si estende ben di là dei confini del matrimonio legale; essa è un fattore inevitabile, che si insinua persino nell'unione amorosa più «libera». Gli attuali amanti dei due sessi, malgrado tutto il loro rispetto «teorico» della libertà, non si contenterebbero minimamente della mera fedeltà fisiologica della persona amata. Per scacciare da noi il fantasma minaccioso della solitudine, penetriamo brutalmente, con una crudeltà ed un'indelicatezza che saranno incomprensibili all'umanità futura, nell'animo dell'essere amato e rivendichiamo i nostri diritti sul suo più segreto «io» interiore. L'amante contemporaneo perdonerà con molta più facilità un'infedeltà fisica che non una morale, e ogni particella d'animo, prodigata al di là dei limiti della "sua" libera unione, gli appare come un furto imperdonabile, commesso ai suoi danni, dei tesori di cui è unico proprietario.
Per non parlare poi dell'ingenua e costante indelicatezza, a questo proposito, degli amanti nei confronti di un terzo! Ciascuno di noi ha senza dubbio potuto osservare un fatto curioso: due amanti, che hanno appena avuto il tempo di conoscersi passabilmente l'un l'altro, si affrettano ognuno a stabilire i propri diritti sulle relazioni personali antecedenti dell'altro, ad intervenire nella sua vita più intima, più sacra. Due esseri, estranei fino a ieri, legati unicamente da sensazioni erotiche comuni, si affrettano a mettere le mani sull'animo dell'altro, a disporre di quest'animo sconosciuto, misterioso, in cui il passato ha scolpito immagini incancellabili, a stabilirvisi infine come a casa propria.
L'idea del possesso reciproco da parte dei componenti della coppia è così estesa che non siamo quasi più colpiti da fatti anomali come questo: due giovani sposi vivevano fino a ieri ciascuno la propria vita; oggi, ognuno di loro apre senza scrupoli la corrispondenza dell'altro, e le lettere di un terzo, vicino solo ad uno dei coniugi, divengono così di proprietà comune. Una simile «intimità» non può essere acquisita che al prezzo di una vera e propria unione di anime nel corso di una lunga vita di comune amicizia a tutta prova. Ma, in genere, ciò che avviene è la più sleale sostituzione di questa intimità, una sostituzione prodotta dall'idea erronea che l'intimità fisica tra due esseri sia una ragione sufficiente per estendere il diritto di proprietà anche sull'essere morale.
Il secondo fattore che deforma la mentalità dell'uomo contemporaneo e che accresce la crisi sessuale è la concezione dell'ineguaglianza dei sessi, ineguaglianza dei loro diritti, ineguaglianza del valore delle loro sensazioni psico-fisiologiche. La doppia morale, propria del codice borghese e di quello aristocratico, ha così avvelenato da tanti secoli la psicologia degli uomini e delle donne che è ancora più difficile sbarazzarsi del suo veleno che delle idee ereditate dall'ideologia borghese a proposito della proprietà degli sposi.
La concezione dell'ineguaglianza dei sessi, anche nel campo della psico-fisiologia, obbliga costantemente a usare misure diverse per un atto identico, a seconda del sesso che lo compie. E persino l'uomo «più evoluto» della classe borghese, che ha superato da molto tempo i precetti del codice della morale corrente, potrà agevolmente constatare che su questo punto egli mette un diverso giudizio, a seconda che si tratti della condotta di un uomo o di una donna. Un esempio brutale sarà sufficiente: immaginate che un intellettuale borghese, uno scienziato, un politico, un uomo che svolge una rilevante attività sociale, in una parola una «personalità», si leghi con la sua cameriera (fatto abbastanza comune) e giunga fino a sposarsi con lei. Questo fatto modificherà l'atteggiamento della società borghese nei confronti della «personalità» in questione, getterà forse la minima ombra sulle sue qualità morali? Naturalmente no! Ora immaginate un altro caso: una donna borghese rispettata (professoressa, medico, scrittrice) si lega con un lacchè e, per completare lo «scandalo», consolida quest'unione con un matrimonio legale. Quale sarà l'atteggiamento della società borghese nei confronti dell'atto della persona fino ad ora rispettata? Naturalmente, la colpirà col suo «disprezzo». E notate bene: se per sventura suo marito, il lacchè, possiede un gradevole aspetto o altre «notevoli caratteristiche fisiche», il fatto sarà ancora più grave! «Com'è caduta in basso quella donna!», sarà allora il giudizio dell'ipocrita borghesia.
La società borghese non perdona alla donna di fare delle scelte di carattere spiccatamente individuale. Si tratta di una sorta di atavismo; secondo la tradizione ereditata dai costumi di casta, questa società vuole ancora che la donna tenga conto, nelle sue scelte, dei gradi e dei ranghi, delle prescrizioni della famiglia e degli interessi di questa. Essa non sa liberare la donna dalla cellula familiare e considerarla come un'individualità, al di fuori del circolo chiuso delle virtù e dei doveri familiari.
Nella sua tutela della donna, la società contemporanea si spinge anche più lontano del vecchio ordine, le prescrive non solo di sposarsi, ma anche di amare unicamente degli uomini «degni» di lei. Incontriamo ad ogni passo uomini di elevato livello morale ed intellettuale che hanno scelto come compagna di vita un essere insignificante e vuoto, assolutamente non corrispondente al valore dello sposo. Consideriamo questi fatti come cose normali, senza nemmeno prestarvi attenzione; tutt'al più succede che «gli amici compatiscano qualche Ivan o Boris per aver sposato una donna così insopportabile». Ma nel caso della donna, esclamiamo con aria di rimprovero: «Come ha fatto una donna così notevole come X O Y ad amare una simile nullità. C'è veramente da dubitare dell'intelligenza di questa X o Y!».
Donde viene questo doppio criterio? Cos'è che lo determina? Esso è certamente dovuto al fatto che l'idea della ineguaglianza dei valori tra i due sessi, inoculata per secoli nell'umanità, è entrata organicamente a far parte della nostra mentalità. Ci siamo abituati a valutare la donna non come una "personalità", con delle qualità e dei difetti propri, indipendenti dalle sue sensazioni psico-fisiologiche, bensì unicamente come un accessorio dell'uomo. L'uomo, il marito o l'amante, proietta sulla donna la sua luce riflessa; è lui, e non lei stessa, che consideriamo come l'elemento determinante della struttura spirituale e morale della donna. Nella valutazione che la società compie della personalità dell'uomo, si fa sempre astrazione dei suoi atti collegati alla sfera sessuale. La personalità della donna, al contrario, si evolve in stretto collegamento con la sua vita sessuale. Questo genere di apprezzamento discende dal ruolo svolto dalla donna nel corso dei secoli, e soltanto per gradi si fa, o meglio "si indica", la revisione dei valori in questo ambito essenziale. Solo la trasformazione del ruolo economico della donna, il suo ingresso nella vita del lavoro indipendente contribuiranno all'attenuazione di queste false ed ipocrite concezioni.
Quei tre fattori fondamentali che deformano la psicologia contemporanea (un estremo egocentrismo, l'idea dei reciproci diritti di proprietà degli sposi, la concezione dell'ineguaglianza dei sessi nella sfera psico-fisiologica) sbarrano la strada che porta alla soluzione del problema sessuale. L'umanità potrà trovare la chiave per aprire questo cerchio magico unicamente quando avrà accumulato nella propria psicologia sufficienti riserve di sensazioni, quando il «potenziale d'amore» si sarà accresciuto nel suo animo, quando la concezione della libertà nel matrimonio e nella libera unione si sarà di fatto consolidata, quando il principio della solidarietà tra compagni avrà trionfato sulle tradizionali concezioni dell'ineguaglianza e della subordinazione nelle relazioni tra i sessi. Senza una rieducazione fondamentale della nostra psicologia il problema sessuale è irresolubile.
Ma una simile condizione preliminare non è forse una utopia senza basi concrete, e non bisogna forse abbandonarla a dei sognatori idealisti? Infatti, provate un po' ad accrescere il «potenziale d'amore» dell'umanità! I saggi di tutte le epoche non si sono forse dedicati a questo compito sin dai tempi più antichi, da Budda a Confucio fino a Cristo? E ciononostante chi oserà dire che il potenziale d'amore si è accresciuto in seno all'umanità? Ridurre la questione della crisi sessuale a simili sogni pieni di buone intenzioni non significa forse confessare la propria impotenza e rinunciare alla ricerca della chiave magica? Ma è proprio così? La rieducazione fondamentale della nostra psicologia nel campo dei rapporti sessuali è veramente così irrealizzabile, così lontana dalla pratica della vita? Non si osservano, al contrario, proprio nell'ora presente, proprio nel momento in cui si verifica un possente spostamento, sociale ed economico, condizioni nuove nel campo dei sentimenti, in accordo con le esigenze indicate più sopra?
Detronizzando la borghesia e la sua ideologia di classe, il suo codice individualistico di morale sessuale, un'altra classe, un nuovo gruppo sociale avanza. Questa classe in ascesa, d'avanguardia, porta necessariamente in sé i germi di nuovi rapporti tra i sessi, strettamente collegati con i suoi compiti sociali di classe.
La complessa evoluzione dei rapporti economico-sociali che avviene sotto i nostri occhi, che sconvolge tutte le nostre concezioni circa il ruolo della donna nella vita sociale e spezza tutte le basi della morale sessuale borghese, ha come conseguenza due fatti apparentemente contraddittori. Da un lato, osserviamo gli sforzi indefessi dell'umanità che tenta di adattarsi alle nuove condizioni della economia sociale, sforzi tendenti sia alla conservazione delle vecchie forme, riempite di nuovi contenuti (il mantenimento della forma esteriore del matrimonio indissolubile, severamente monogamico, pur riconoscendo di fatto la libertà degli sposi), sia, al contrario, all'accettazione di forme nuove comportanti però tutti gli elementi del codice morale del matrimonio borghese (l'unione libera, in cui il principio dei diritti di proprietà degli sposi «liberi» l'uno sull'altro ha un'estensione maggiore che non nel matrimonio legale). Dall'altro lato, constatiamo la lenta ma invincibile apparizione di nuove forme di unione tra i sessi: nuove non tanto esteriormente, quanto per lo spirito informatore delle loro norme basilari. L'umanità sonda con esitazione questi nuovi ideali, ma basta esaminarli da vicino per riconoscere in loro, malgrado l'assenza di contorni netti, i tratti caratteristici che li collegano strettamente con i compiti della classe operaia, cui incombe la conquista della fortezza dell'avvenire. Colui che intende, nel labirinto di norme sessuali contraddittorie, trovare i germi di rapporti futuri più sani tra i sessi, di rapporti che promettano di liberare l'umanità dalla crisi sessuale, deve abbandonare i quartieri «colti» con la loro raffinata psicologia individualistica e gettare uno sguardo nelle anguste abitazioni degli operai in cui, malgrado l'oscurità e l'orrore prodotti dal capitalismo, malgrado le lacrime e le imprecazioni, cominciano a sgorgare sorgenti di acqua pura.
Proprio lì in seno alla classe operaia, sotto la pressione di dure condizioni economiche, sotto il giogo dell'implacabile sfruttamento del capitale, si nota questo doppio processo di cui abbiamo appena parlato: il processo di adattamento passivo e di resistenza attiva alla realtà presente. La influenza distruttrice del capitalismo, spezzando tutte le fondamenta della famiglia operaia, obbliga il proletariato ad adattarsi istintivamente alle condizioni ambientali e provoca, nel campo delle relazioni tra i sessi, tutta una serie di fatti analoghi a quelli che avvengono nelle altre classi sociali. Sotto la spinta dei bassi salari, l'età del matrimonio dell'operaio aumenta continuamente ed inevitabilmente. Se vent'anni fa l'età media del matrimonio dell'operaio oscillava tra i ventidue ed i venticinque anni, oggi il proletario forma una famiglia soltanto verso i trent'anni. E quanto più sviluppati sono i bisogni culturali dell'operaio, quanto più egli apprezza la possibilità di seguire il ritmo della vita culturale, di frequentare teatri, conferenze, di leggere i giornali, di dedicare il proprio tempo libero alla lotta sindacale, alla politica o ad un lavoro preferito (arte, lettura, eccetera) tanto più l'età del matrimonio dell'operaio si fa alta. Ma i bisogni fisiologici non tengono conto delle condizioni della borsa: non si lasciano dimenticare. L'operaio celibe, così come lo scapolo borghese, si rivolge alla prostituzione. Questo tipo di cose può essere fatto rientrare nell'adattamento passivo della classe operaia alle condizioni sfavorevoli della propria esistenza. Altro esempio: un operaio si sposa. Ma sempre lo stesso ostacolo, il basso livello dei salari obbliga la famiglia operaia a regolare la questione delle nascite così come fanno le famiglie borghesi.
L'aumento degli infanticidi, la crescita della prostituzione sono fatti che appartengono al medesimo ordine: si tratta dei mezzi di adattamento "passivo" all'infernale realtà che circonda l'operaio. Ma, in questo processo, non v'è nulla di peculiare al proletariato: un simile adattamento è egualmente proprio di tutte le altre classi e strati sociali che fanno parte del processo mondiale della evoluzione capitalistica. La linea di demarcazione comincia laddove i "principi attivi, creatori" entrano in gioco: laddove si ha non più un adattamento ma una reazione contro la realtà opprimente, laddove nuovi ideali nascono e si esprimono, laddove si delineano timidi tentativi di rapporti sessuali informati ad uno spirito nuovo. "Questo processo di reazione attiva ha luogo unicamente nella classe operaia".
Ciò non significa che le altre classi e strati sociali (gli intellettuali borghesi in particolare, che si trovano più vicini alla classe operaia a causa delle condizioni della loro esistenza sociale) non riprendano questi elementi nuovi che la classe operaia in ascesa crea e sviluppa nel suo seno. Spinta dall'istintivo desiderio di infondere nuova linfa nelle sue forme morenti, e quindi impotenti, di unione tra i sessi, la borghesia si appropria delle forze nuove che il proletariato porta in sé. Ma né gli ideali né il codice di morale sessuale gradualmente elaborati dal proletariato corrispondono alle esigenze borghesi di classe. Mentre la morale sessuale, nascente dai bisogni della classe operaia, diviene uno strumento nuovo di lotta sociale per questa classe, le «novità» riprese dalla borghesia non fanno che distruggere definitivamente le basi del suo dominio sociale. Facciamo un esempio di quanto abbiamo detto.
Il tentativo degli intellettuali borghesi di sostituire il matrimonio indissolubile con i vincoli più liberi, più facilmente risolvibili del matrimonio civile scuote le fondamenta indispensabili della stabilità sociale della borghesia: la famiglia monogamo-proprietaria. Al contrario, per la classe operaia, una maggiore elasticità, un consolidamento minimale dell'unione dei sessi concordano completamente e discendono persino direttamente dai compiti fondamentali di questa classe. La negazione del fattore di subordinazione nel matrimonio rompe anche gli ultimi vincoli artificiali della famiglia borghese. Al contrario, il fattore della subordinazione di un membro di una classe ad un altro, così come il fattore proprietà, è di per sé contrario alla psicologia del proletariato. Non è negli interessi della classe rivoluzionaria vincolare uno dei suoi membri, un suo rappresentante indipendente, al quale incombe innanzi tutto il dovere di servire gli interessi della propria classe e non quelli di una cellula familiare separata ed isolata. I frequenti conflitti tra gli interessi della famiglia e quelli della classe (negli scioperi, ad esempio, nella partecipazione alla lotta) e la misura morale che il proletariato applica in questi casi caratterizzano con sufficiente chiarezza la base della nuova ideologia proletaria.
Immaginatevi un finanziere rispettato che ritira dagli affari il suo capitale, in un momento critico per l'impresa, nell'interesse della propria famiglia. È chiaro che la morale borghese apprezzerà il suo gesto. «Gli interessi della famiglia» sono in primo piano. Ponete ora, come paragone con questo modo di vedere, l'atteggiamento degli operai nei confronti di un crumiro, che va al lavoro durante uno sciopero, contro i suoi compagni per salvare la propria famiglia dalla fame. Gli interessi della "classe" sono qui in primo piano. Pensate ora ad un marito borghese che è riuscito, con il suo amore e la sua abnegazione verso la famiglia, ad allontanare sua moglie da tutti gli interessi al di fuori di quelli della casa ed a legarla definitivamente alla cura dei bambini e della cucina. «Un marito ideale che ha saputo creare una famiglia ideale», sarà il giudizio borghese. Ma quale sarà l'atteggiamento degli operai nei confronti di un membro cosciente della loro classe che tentasse di distogliere la propria moglie dalla lotta sociale? A spese della felicità individuale, a spese della famiglia, la morale della classe operaia esigerà la partecipazione della donna alla vita al di fuori delle mura di casa. Vincolare la donna alla casa, mettere in primo piano gli interessi della famiglia, propagare l'idea dei diritti assoluti di proprietà di uno sposo sull'altro, sono azioni che violano il principio fondamentale dell'ideologia della classe operaia, della solidarietà tra compagni, che rompono la catena che vincola alla classe. La concezione del possesso di una individualità da parte di un'altra, l'idea della subordinazione e dell'ineguaglianza dei membri di una sola e medesima classe sono contrari all'essenza del principio proletario fondamentale: la solidarietà tra compagni. Questo principio, base dell'ideologia della classe in ascesa, colora e determina il nuovo codice in formazione della morale sessuale del proletariato, grazie al quale la psicologia dell'umanità si trasforma nel senso dell'accumulazione dei sentimenti di solidarietà, di libertà in luogo dei sentimenti di proprietà; dei sentimenti di solidarietà tra compagni in luogo della ineguaglianza e della subordinazione. È una vecchia verità che ogni nuova classe in ascesa, nata da una cultura materiale distinta da quella dello stadio precedente dell'evoluzione economica, arricchisce "l'intera umanità" d'una ideologia nuova, propria di questa classe.
Il codice della morale sessuale è parte integrante di ogni ideologia. Ciononostante, basta pronunciare i termini «etica proletaria» e «morale sessuale proletaria» per scontrarsi con la solita replica banale: la morale sessuale proletaria è una mera sovrastruttura: finché tutta la base economica non è trasformata, non può esservi posto per essa. Come se l'ideologia di qualsiasi classe si formasse solo quando si è già prodotto lo sconvolgimento nei rapporti socio-economici, che assicurano il dominio di questa classe! Tutta l'esperienza della storia ci insegna che l'elaborazione dell'ideologia di un gruppo sociale, e di conseguenza anche della morale sessuale, si fa "nel processo stesso" della lotta di quel gruppo contro le forze sociali antagoniste.
Soltanto con l'ausilio dei nuovi valori spirituali creati nel suo intimo, rispondenti ai compiti della classe in ascesa, una classe in lotta può rafforzare le proprie posizioni sociali; è unicamente attraverso norme e ideali nuovi che essa può conquistare trionfalmente il potere sui gruppi sociali avversari. Il compito che incombe agli ideologi della classe operaia è di ricercare il criterio morale fondamentale, prodotto dagli interessi specifici di questa classe, e di accordare con esso le nascenti norme sessuali.
È tempo di capire che unicamente dopo aver riconosciuto il processo creatore che avviene nel profondo della società e che genera nuovi bisogni, nuovi ideali e nuove forme, che unicamente dopo aver messo a punto le basi della morale sessuale della classe d'avanguardia in ascesa, sarà possibile distinguere il cammino che essa deve compiere nel caos contraddittorio dei rapporti tra i sessi e sciogliere la matassa ingarbugliata del problema sessuale.
È ora di ricordarsi che il codice della morale sessuale, accordato con i nuovi compiti della classe in ascesa, può divenire un potente strumento per rafforzare la posizione di combattimento della classe. L'esperienza della storia ce lo insegna. Perché non servirsi di questo strumento nell'interesse della classe operaia, in lotta per l'ordine comunista e per rapporti nuovi, migliori e più felici, tra i sessi?








giovedì 11 ottobre 2012

Quando la VIOLENZA contro i bambini è legittimata dallo STATO

Risale a ieri l'episodio allucinante che ha fatto il giro di Italia in meno di 24 ore.

Un bambino di 10 anni, due genitori separati, l'affido del figlio conteso, l'iniziale affido alla madre, gli incontri protetti con il padre. Il padre richiede una perizia per la presunta Sindrome da Alienazione Parentale messa in atto dalla madre la quale, a suo parere, avrebbe alienato il figlio. Il giudice avvalla la richiesta del padre, viene stabilito che il bambino sia portato in casa famiglia. Ci sono due tentativi di prelevamento del bambino che vanno a male: il piccolo si rifiuta di lasciare la madre. Fino a ieri.

I gendarmi, la Polizia di Stato, che un mio amico a ragione definisce "forze di occupazione", preleva il bambino a scuola, davanti agli occhi dei compagni spaventati e della zia inorridita, la quale filma la scena: il bambino si rifiuta di seguire i poliziotti che pensano bene di prelevarlo, sollevandolo da terra. Forti del fatto che un bambino è solo un bambino, che pesa un terzo rispetto ad uno solo di loro e non può opporre resistenza se non buttandosi a terra a peso morto. Forti del fatto che nessun* dei presenti poteva intervenire senza beccarsi una querela per aver intralciato l'operare di agenti di polizia.


Il punto non è quanto la Pas ci fosse o meno (per chi crede che esista), il punto non è a quale CTU il giudice si fosse affidato per rilevare la presenza di Pas, il punto non è che il bambino fosse stato plagiato o meno dalla madre. 

Il punto è che il bambino non voleva andare. 
Il punto è che è stato prelevato con la forza davanti ai suoi compagni. 
Il punto è la modalità brutale con cui il bambino è stato trascinato via. 
Il punto è che questa si chiama VIOLENZA.

La Carta dei Diritti dell'Infanzia, emessa dall'ONU, recita chiaramente:


"Gli Stati devono proteggere il bambino da ogni forma di violenza"
"Il bambino che non osserva la legge deve essere trattato in modo da rispettare la sua dignità"
"Il bambino deve poter esprimere la propria opinione su tutte le cose che lo riguardano. Quando si prendono decisioni che lo interessano, prima deve essere ascoltato"
 "Il bambino ha diritto di esprimersi liberamente con la parola, con lo scritto, il disegno, la stampa, ecc."

E' così che lo Stato protegge i bambini? E' così che si garantisce il rispetto della loro opinione? E' così che rispetta la loro dignità di esseri umani?

Ancora una volta appare chiara e lampante tutta l'ipocrisia di un sistema culturale adulto-centrico che sostiene l'immagine del bambino-angelo-innocente e che allo stesso tempo, - proprio perchè de-umanizzato - violenta il bambino, ignora i suoi desideri, lo costringe, lo prende di peso. Lo tratta come se non fosse una persona, bensì solo una versione tarocca e non riuscita dell'adulto.

E ancora una volta, di fronte allo scempio che si consuma ai danni di un bambino c'è qualche stronzo che scrive articoli come questo (cliccate qui): perchè è più importante preservare l'esistenza di un organismo sociale parassitario, come quello delle forze di occupazione - potente e tutelato dallo Stato -, piuttosto che prendere le parti di un essere umano di 10 anni, buono solo a condire le pubblicità dei Gormiti o a prestarsi ad un uso strumentale in battaglie misogine. Ma del resto, si sa, è solo un bambino, e come le donne, in questo Paese, conta meno di niente.

Per chi volesse dare il proprio appoggio agli atti di contestazione e resistenza alla violenza consumatasi ieri, comunichiamo che domani, 12 ottobre 2012, dalle ore 8:00 in poi ci sarà un presidio davanti alla Scuola Elementare Cornaro di Cittadella (PD), in Viale dello Sport.




martedì 9 ottobre 2012

La forza non basta - spot contro la violenza sulle donne




Sentiamo la necessità di creare un prodotto audiovisivo che affronti il problema delle violenza di genere da un OTTICA FINALMENTE DIVERSA: ci rivolgiamo a tutte le realtà che credono che la violenza contro le donne non sia colpa delle donne stesse, ma dell'intera struttura sociale e mediatica. 
Ci rivolgiamo a chi è stanco di opere sulla violenza che ci mostrano le donne come deboli, fragili, vittime per loro stessa natura/scelta: noi crediamo che non si debba cercare un cambiamento nelle donne, ma che sia necessario cercare le cause della violenza su di loro e combatterle.Quello che vogliamo riuscire a realizzare è uno spot che parli di questo fondamentale cambiamento di prospettiva, senza pretese di esaustività ma che, tramite un linguaggio simbolico e prettamente visivo, stimoli una riflessione nuova sulla tematica.Tutte le persone che parteciperanno al progetto riceveranno tramite mail una versione proiettabile del video (di qualità più alta rispetto a quella che sarà reperibile in rete), e potranno utilizzarlo e proiettarlo in tutti i contesti in cui lo riterranno opportuno. Il video verrà terminato e inviato entro il 25 NOVEMBRE (Giornata Mondiale Contro la Violenza sulle Donne), e in tempo utile per inserirlo in eventuali eventi sul tema. Le associazioni, istituzioni, enti, o anche i singoli privati che decideranno di partecipare con un numero di quote pari o superiore a 10 risulteranno come produttori nei titoli di testa e riceveranno per posta alcune copie dvd (proporzionate al numero di quote) dell'opera e il file in qualità HD per poter diffondere lo spot in maniera più capillare.Su richiesta è possibile ricevere uno scritto più dettagliato sullo spot. 
Il progetto è portato avanti dal collettivo LE ARRABBIATE, il cortometraggio verrà realizzato dalla videomaker indipendente VALENTINA ARENA 


Link al progetto