lunedì 23 luglio 2012

Quando i mass-media normalizzano i femminicidi

Nel maggio 2012, l'Avvenire pubblica un articolo intitolato "Fedeltà. Per tutti l'unico antidoto alle passioni criminali", firmato da Maurizio Patriciello.

E' solo uno dei milioni di esempi di come i mass-media si accostino al tema della violenza di genere e dei femminicidi, tuttavia questo esempio è particolarmente grave. Grave perché l'articolo in questione si fa portatore di un'idea ben definita: l'infedeltà della moglie causa la sua morte per mano del marito.

[...] il tradimento, anche il più insignificante, è un veleno mortale per la vita di coppia, e che può indurre a macchiarsi di atti insensati. Nulla, infatti può attenuare la responsabilità di un atto di violenza, e ancor di più se contro la donna. Resta il fatto che non è giusto ingannare il prossimo facendo balenare l'idea che il tradimento potrebbe essere un gioco.

"Atto insensato" è l'ennesimo modo - che si somma a "raptus", "follia", "omicidio passionale" - per chiamare il femminicidio.

Partendo da questo spunto agghiacciante, abbiamo voluto offrire un piccolo contributo che riassumesse la modalità che i media utilizzano per parlare degli omicidi commessi per odio di genere.
Perché "le parole sono azioni" (L. Wittgenstein, 1953, "Ricerche filosofiche").





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